«Dobbiamo mandare 50 giorni di malattia. Tutti quanti, perché non esiste. Tu sei il direttore, tu ci devi proteggere. Punto. Per un marocchino di m...a che manco parla l’italiano». È lo scorso marzo e gli agenti indagati per le violenze al Beccaria si rendono conto, tra l’irritato e l’allarmato, che ai vertici dell’istituto l’aria è cambiata.
Vincenzo Trovato, indagato e sospeso dal servizio, manifesta il suo disappunto in una conversazione intercettata: «In passato, quando accadevano simili episodi spiacevoli, il comandante Ferone li salvava, mentre la nuova comandante non guarda in faccia a nessuno». All’arrivo delle prime denunce interne sui pestaggi, stando agli atti, era proprio Ferone a intervenire con un’efficace operazione di manipolazione della realtà. «Adesso, tra oggi e domani mattina al massimo, fate uscire ‘ste relazioni. Per dare, ripeto, una lettura più corretta di quello che risulta dalle immagini», esorta i suoi uomini. Non si tratterebbe di un intervento occasionale. Per il gip il comandante «ha sempre “sistemato” le relazioni di servizio in modo da evitare che gli agenti incorressero in responsabilità penali e disciplinari». Ferone è tra gli otto indagati sospesi dagli incarichi con misura cautelare, per lui ha retto solo l’imputazione di falso, e secondo l’inchiesta avrebbe avuto «piena consapevolezza del metodo violento» degli altri agenti finiti in carcere. Ma il primo dicembre 2023 arriva il nuovo direttore Davide Ferrari, «uno che vuole fare sul serio» e acquisire le immagini delle «telecamere» che riprendono le spedizioni punitive e che non corrispondono alle annotazioni scritte.
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Tra gli agenti serpeggia l’indignazione e il comandante viene preso di mira: «È tutto scemo.
Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Aprile 2024, 13:39
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