TREVISO - Il papà di uno dei due bulli fermati ieri in vicolo Rialto racconta, al telefono, il suo senso di impotenza. Misto alla disperazione di aver tentato di costruire una famiglia unita, sana. E di trovarsi, invece, a dover fare i conti, giorno dopo giorno, con la devastazione. La definisce proprio così. Sta lavorando, ma trova ugualmente il tempo di parlarci. È come se chiedesse aiuto perchè non sa più cosa fare. «Siamo in mano agli assistenti sociali per mio figlio. Le dico solo questo». Il figlio ha 17 anni. In famiglia c’è anche un figlia. «Lei, per fortuna, non ha mai dato problemi» dice il papà. Ma si sente che non è rincuorato. Tutt’altro. Non respira a fondo. Vengono fuori frasi smozzicate e il pensiero torna, e ritorna, su quel figlio che si è perso e che lui non sa come riacchiappare, riconquistare, recuperare.
Nessun rispetto
«Il problema è che non c’è più rispetto. Mio figlio non ha più rispetto per gli adulti, nemmeno per la polizia, o per le forze dell’ordine. Non ha più rispetto per nessuno». Lo dice e le parole gli muoiono in gola. «Vorrei fare tanto. Non so più cosa fare».
«Sicuramente tutto è cominciato a scuola, da amicizie sbagliate che mio figlio ha cominciato a frequentare. Poi, però, non so più cos’è successo. Ho perso il filo». Lo ammette e vorrebbe tanto che si compisse un miracolo. Perchè non sa più a che santo votarsi. Invece, il miracolo non si compie. «Sto aspettando la telefonata dalla Questura. Non so cosa ha fatto questa volta e non so cosa mi diranno gli agenti». Poco dopo, riceverà la telefonata che temeva. «Suo figlio è stato arrestato ed è stato condotto in un centro di prima accoglienza». Prima di chiudere la telefonata trova la forza di dire: «Vorrei parlarle di mio figlio in un’altra circostanza, raccontare com’era quando era piccolo». Ma la realtà supera i ricordi per questo genitore che non sa darsi pace.
Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Aprile 2024, 05:30
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